L'idrossiclorochina nel trattamento di COVID-19

La triste realtà della situazione attuale è che non esistono terapie di provata efficacia nel trattamento di COVID-19. 

Questa affermazione può apparire in contrasto con il fatto che ospedali e medici di famiglia prescrivono diversi farmaci ai pazienti con patologia COVID-19, accertata o sospetta. In particolare, tra i farmaci attualmente utilizzati, si sta discutendo moltissimo l'utilizzo dell'idrossiclorochina, venduta anche con il nome commerciale di Plaquenil. E' nata come antimalarico, è utilizzata per trattare l'artrite reumatoide e oggi viene proposta a molti pazienti COVID-19, facendo firmare un foglio di consenso informato. Donald Trump la darebbe a tutti, le autorità regolatorie dicono di usarla con cautela. Quello che sentiamo dai media solleva molte domande: è o non è un farmaco miracoloso? è giusto usarla? tutti i malati dovrebbero prenderla? la si potrebbe usare per la profilassi, oltre che per la terapia?

Cerchiamo di fare un po' di chiarezza.

Innanzitutto, bisogna capire cosa si intende con 'provata efficacia'. Per la scienza medica ufficiale, un farmaco è efficace quando si dimostra superiore al cosiddetto 'placebo' (una pastiglietta di zucchero o una flebo di soluzione fisiologica), oppure a un'altra cura, in un trial clinico randomizzato condotto almeno in doppio cieco.

Cosa vogliono dire in pratica questi paroloni? Semplificando, per uno studio condotto scientificamente bisogna scegliere almeno due gruppi di malati, sufficientemente numerosi, dei quali uno viene trattato col farmaco e l'altro col placebo. I due gruppi dovrebbero essere virtualmente identici: stessa età media, stesso rapporto tra maschi e femmine, stessa gravità della patologia. La ragione è che se la patologia è più grave negli anziani e ho un gruppo con più anziani, avrò sicuramente un risultato falsato. 'Studio randomizzato' vuol dire che non deve essere il medico a scegliere chi viene trattato col farmaco e chi col placebo: bisogna farlo fare a un computer, che deve scegliere a caso. In terzo luogo, il medico e il paziente non devono sapere, prima dell'analisi dei risultati, chi ha preso il farmaco e chi il placebo (doppio cieco).

Tutte queste accortezze possono sembrare inutili paranoie, soprattutto in un momento di emergenza, ma sono assolutamente necessarie per eliminare tutti i fattori casuali, biologici o psico-biologici che potrebbero influenzare il decorso della patologia (in gergo tecnico si chiamano fattori confondenti). Solo in questo modo, se trovo che il gruppo trattato col farmaco ha in media un decorso migliore (o peggiore), posso dire che è merito o colpa del farmaco.

Paradossalmente, nel caso di COVID-19, la difficoltà principale degli studi consiste nel fatto che, in genere, la malattia si risolve spontaneamente. Solo una minoranza di pazienti passa dalla forma lieve a quella moderata o grave. Questo comporta che, per essere sicuro dell'efficacia, devo studiare due gruppi molto numerosi.

Immaginiamo per esempio di aver scoperto che, senza alcun farmaco, su 100 pazienti che cominciano ad avere febbre e tosse, 90 guariscono senza problemi e 10 sviluppano la polmonite (nel caso di COVID-19 questi numeri non sono molto lontani dalla realtà). Adesso prendiamo un gruppo di 100 pazienti, e li trattiamo con l'idrossiclorochina quando compaiono i sintomi. 93 pazienti guariscono e 7 sviluppano la polmonite. Vi sentireste autorizzati a dire che il farmaco funziona sicuramente?

Anche senza approfondimenti statistici, capite bene che questo risultato potrebbe essere dovuto solo all'aver incontrato un gruppo di soggetti un po' più fortunati. La fortuna sarebbe una spiegazione molto più debole se il mio dato fosse la guarigione di 930 pazienti, invece dei 900 attesi in un gruppo di 1000. Nella pratica scientifica, potete dire che c'è veramente una differenza solo ricorrendo a calcoli statistici un po' complicati, che preferisco risparmiarvi, grazie ai quali potete concludere che avete ottenuto un risultato 'statisticamente significativo', cioè verosimilmente non dovuto al caso.

Esiste un altro aspetto fondamentale. Per proporre il farmaco a tutti i pazienti, dovete essere sicuri di non star facendo più male che bene: 'primum non nocere', dicono i medici. Cosa fareste, se scopriste che dei 93 pazienti che non hanno sviluppato la polmonite uno fosse morto d'infarto?

Scusatemi la piccola lezione metodologica, ma la ritengo essenziale per comprendere razionalmente l'atteggiamento dei medici nei confronti di tutti i farmaci che stanno utilizzando (non solo per COVID-19).

Veniamo nello specifico all'idrossiclorochina, e mettiamo sulla bilancia i 'pro' e i 'contro'.

PERCHE' USARE L'IDROSSICLOROCHINA?
  1. Studi in vitro hanno dimostrato che inibisce la replicazione di molti virus, compreso quello responsabile di COVID-19. Per questo motivo,  è stata proposta in passato per il trattamento di altre infezioni virali, tra cui in particolare SARS ed EBOLA. 
  2. E' un farmaco molto economico, facile da produrre in grandi quantità.
  3. E' un farmaco ben conosciuto, e abbastanza ben tollerato, impiegato da anni nel trattamento della malaria e dell'artrite reumatoide.
  4. Diversi report 'aneddotici' (cioè studi non controllati) e un piccolo trial clinico condotto in Cina hanno descritto miglioramenti clinici importanti in casi gravi di COVID-19 gravi. 
  5. Un piccolo trial clinico controllato in doppio cieco condotto in Cina su 62 pazienti ha evidenziato un'efficacia significativa nella prevenzione del passaggio dalla forma moderata alla forma grave di COVID-19
  6.  Il farmaco è stato approvato dalle agenzie regolatorie (AIFA, EMA ed FDA) per l'utilizzo di emergenza 'off-label', cioè al di fuori delle indicazioni per cui la sua efficacia è provata.
NOTE DI CAUTELA NELL'UTILIZZO  DELL'IDROSSICLOROCHINA
  1. Anche se ben tollerato, il farmaco può avere effetti collaterali gravi, potenzialmente mortali, come alterazioni del ritmo cardiaco. 
  2. Il dosaggio del farmaco deve essere molto preciso, per evitare effetti tossici ed effetti collaterali. La differenza tra dose terapeutica e tossica non è molto grande.
  3. Finora, il farmaco non si è dimostrato veramente efficace in tutte le altre malattie virali per le quali è stato proposto. Per chi voglia approfondire, si veda questa recente review pubblicata da Clinical Toxicology
  4. La numerosità dei trial finora condotti è molto bassa, effetti casuali sono ancora del tutto possibili.
  5. Non esistono evidenze a supporto dell'uso nel farmaco per la prevenzione.
In conclusione, anche se l'idrossiclorochina ha caratteristiche che la rendono molto promettente, ritengo essenziale che vengano scrupolosamente seguite le indicazioni delle agenzie regolatorie, come la circolare rilasciata da AIFA. Il farmaco va somministrato sotto stretto controllo medico, e non deve essere assolutamente autoprescritto. Solo il medico è in grado di soppesare il bilancio tra rischi e benefici, in relazione alla situazione clinica del singolo paziente. Questo continuerà ad essere vero anche se trial clinici con gruppi più grandi di pazienti dimostreranno l'efficacia del farmaco nelle diverse fasi della malattia.



 

Commenti

  1. Whaull very good! Interessante, abbiamo lasciato questa lettura ben informata, grazie!

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