Il virus esiste ancora, anche se si mostra indebolito
I giornali di oggi rilanciano con clamore le dichiarazioni del Prof. Alberto Zangrillo che ha affermato: “Il virus praticamente dal punto di dista clinico non esiste più”. Sulla base dell’esperienza clinica e dei dati dell’analisi dei tamponi, il Prof. Zangrillo ha anche affermato che i pazienti positivi mostrano una carica virale molto più bassa rispetto a un mese fa.
Ovviamente, a fronte delle preoccupazioni dei giorni scorsi, tali dichiarazioni hanno suscitato reazioni contrastanti. Tra le altre cose, sembrerebbero suggerire che il virus sia mutato, sviluppando un co-adattamento all’ospite, come abbiamo visto succedere in molte altre epidemie.
Per quanto io non abbia mai frequentato il fronte catastrofista, ritengo che su questi argomenti vada esercitata parecchia cautela, per non rischiare di spingere la popolazione a condotte imprudenti in un periodo molto delicato. Se ci convincessimo che il virus con cui stiamo avendo a che fare in questi giorni sia veramente meno pericoloso di quello che ci ha messo in grave difficoltà nei mesi scorsi, rischieremmo di pensare che le fastidiose precauzioni che stiamo adottando siano diventate improvvisamente inutili.
Ma abbiamo veramente elementi per pensare che il virus attualmente in circolazione sia diverso? Se non lo è, cosa è cambiato?
Tanto per cominciare, va riconosciuto che i dati da cui parte il Prof. Zangrillo sono innegabili. Rispetto al primo aprile abbiamo visto una riduzione del numero dei casi e dei morti di circa 10 volte, con una progressiva riduzione dei pazienti con sintomatologia grave e della carica virale dei tamponi. Cambiamenti di questo genere possono essere dovuti a una modifica delle sequenze virali, a una modifica delle situazioni ambientali o a un mix di questi fattori.
Sulla prima evenienza sono estremamente scettico. Lo penso soprattutto perché la situazione è migliorata contemporaneamente e omogeneamente, non solo in Italia, ma in tutti gli stati europei maggiormente flagellati dal virus. Se ci fosse stato un cambiamento dovuto all'evouzione delle sequenze virali, mi sarei aspettato al massimo di vedere riduzioni di virulenza 'a macchia di leopardo', che mi pare nessuno abbia finora dimostrato. Inoltre, dovremmo vedere un significativo cambiamento delle sequenze degli isolati virali, ma anche su questo versante al momento non mi pare ci siano novità significative.
Viceversa, alcune condizioni ambientali sono mutate in modo rilevante:
- con l’inizio della bella stagione è aumentata la temperatura dell’aria, accelerando il tempo di decadimento del virus nell’ambiente;
- con la fine del lockdown, si sta molto di meno in locali chiusi, poco illuminati e arieggiati;
- è aumentata la disponibilità delle mascherine;
- è migliorata la cultura generale relativa all’uso della mascherina e del distanziamento sociale;
- un numero significativo di persone ha probabilmente sviluppato una immunità nei confronti del virus, anche se i numeri sono lontani dalla famosa ‘immunità di gregge’.
- la quantità di virus in circolazione;
- la probabilità che il virus si trasmetta da una persona all’altra;
- la carica virale con cui vengono in contatto le persone infettate.
In conclusione, sono convinto che se continueremo a utilizzare mascherine e distanziamento il miglioramento epidemico continuerà a consolidarsi facilmente, sommandosi all'indebolimento del virus dovuto al caldo. Questo ci dovrebbe consentire di vivere un’estate relativamente serena. Sono anche convinto che in autunno non vedremo riesplodere una seconda ondata, se continueremo a essere vigili.
Però non possiamo illuderci che la minaccia sia scomparsa. Se arrivassimo alle basse temperature di autunno e inverno avendo perso l’abitudine di utilizzare le altre precauzioni, con l’idea che il virus sia sparito o sia diventato innocuo, potremmo risvegliarci con sgradevoli sorprese!
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