Omicron e l’inizio della fine
A dispetto del titolo vagamente inquietante, questo è un post moderatamente ottimista, generato dal tentativo di rispondere a una domanda che in questi giorni si è imposta all’attenzione globale: cosa sta succedendo in Sudafrica?
A partire dal 17 novembre, dopo un periodo di relativa calma epidemica, il numero di infezioni da SARS-CoV-2 registrato in Sudafrica ha cominciato ad impennarsi con una velocità inaudita, facendo sospettare la nascita di una nuova variante del virus ancora più contagiosa delle precedenti. Infatti, il 26 novembre veniva riportato l’isolamento del ceppo B.1.1.529 (Omicron), la cui presenza è stata poi riscontrata nella maggior parte dei casi sequenziati. L’analisi della nuova sequenza virale ha mostrato un numero sconcertante di mutazioni, molte delle quali concentrate nella famosa ‘spike protein’. Nella figura in basso vi mostro un frammento dell’allineamento tra la sequenza del nuovo ceppo e quelle delle principali varianti contro cui abbiamo combattuto finora: le colonne con le lettere rosse sono quelle in cui esiste qualche differenza tra i ceppi.
Non bisogna essere grandi esperti di analisi filogenetica per constatare che la nuova variante è quella che differisce maggiormente dal ceppo originario di Wuhan. Tali caratteristiche hanno generato immediatamente il sospetto che la nuova variante fosse in grado di sfuggire all’immunità indotta dalle precedenti infezioni e dai vaccini. I dati finora disponibili depongono per la sostanziale correttezza di questa ipotesi. Fino a qui, le notizie sembrerebbero pessime anche perché, come ci si poteva aspettare, Omicron è già diffusa in tutto il mondo. In alcune nazioni come Regno Unito e Danimarca si appresta a diventare la variante dominante. Tuttavia, con il passare dei giorni è emerso un fenomeno del tutto inatteso.
Prima di Omicron, il Sudafrica è stato colpito da tre picchi epidemici, di cui sono stati responsabili il ceppo di Wuhan, la variante Beta e la variante Delta. Nelle prime tre ondate, l’aumento dei casi è stato seguito dopo pochi giorni dall’intasamento degli ospedali, delle terapie intensive e da un importante aumento del numero di decessi.
Il confronto tra i due grafici evidenzia uno stridente
contrasto con l’attuale epidemia. A dispetto di un numero di casi settimanali
che ha già battuto tutti i record, finora in Sudafrica non c’è stata nessuna
impennata significativa dei decessi, gli ospedali non sono in crisi e i sintomi
dei contagiati appaiono piuttosto lievi.
Si sarebbe immediatamente tentati di ipotizzare che Omicron sia
quello che molti hanno sperato potesse emergere: una variante più contagiosa
delle precedenti, ma a patogenicità ridotta. Se fosse così, se Omicron
rimpiazzasse tutte le altre varianti e se i ceppi successivi assomigliassero ad
Omicron invece che a Delta, la nuova variante potrebbe rappresentare l’inizio
della fine dei problemi sistemici causati da SARS-CoV-2.
Troppi ‘SE’, che implicano il rischio di generare
illusioni pericolose, come è già successo nell’estate 2020. Tuttavia, mentre
aspettiamo di acquisire dati più robusti, che ci dicano esattamente con cosa
abbiamo a che fare, penso valga la pena analizzare quali altre spiegazioni si
potrebbero dare per questo impressionante fenomeno.
1. E’ ancora troppo presto per dire che non c’è
un aumento dei decessi, potremmo vederli aumentare nei prossimi giorni.
Possibile, ma l’ipotesi appare poco
convincente, visto che l’impennata dei casi risale oramai a un mese fa.
2. Il Sudafrica non sta riportando
correttamente i dati di mortalità.
Difficile, visto che i Sudafricani si sono
guadagnati l’apprezzamento generale per l’efficienza con cui hanno identificato
la diffusione del nuovo ceppo.
3. Le condizioni ambientali sono diverse: in
Sudafrica è estate.
Era estate anche durante l’epidemia di
variante Beta, che è stata decisamente letale.
4. La nuova
variante colpisce preferenzialmente i giovani, che hanno in genere forme lievi.
Dai dati disponibili sembra effettivamente
che l’età dei contagiati si stia abbassando rispetto alle ondate precedenti, ma
questo fattore non appare in grado, da solo, di spiegare una curva di letalità
così piatta.
5. La scarsa mortalità dipende da un alto tasso
di vaccinazione.
Escluso: in Sudafrica solo il 31% della
popolazione ha ricevuto almeno una dose, solo il 26% il ciclo completo.
6. La scarsa mortalità dipende da un alto tasso
di infezione con ceppi precedenti.
Tra tutte le spiegazioni discusse, questa
appare la più ragionevole. Un recente studio pilota ha evidenziato che più del
70% dei Sudafricani della provincia di Gauteng sono stati infettati dal
SARS-CoV-2 prima che arrivasse Omicron. Se la ragione fosse questa, vorrebbe
comunque dire che un'immunizzazione conseguente a infezione o vaccinazione non
protegge dall’infezione con Omicron, ma protegge almeno dalle conseguenze gravi
dell’infezione.
La possibilità che Omicron possa non essere un problema, ma
addirittura parte della soluzione, sembrerebbe supportata anche da quello che
sta succedendo nel Regno Unito e in Danimarca. In questi paesi la Omicron si sta
rapidamente diffondendo, soppiantando la Delta. Tuttavia, malgrado il forte
aumento dei casi, finora la mortalità sembra diminuire, piuttosto che
aumentare. E’ ancora troppo presto per dirlo, ma se questo trend si confermasse
sarebbe l’evidenza più forte per una ridotta patogenicità del virus in popolazioni
con buona immunità, anche indotta dai vaccini.
Cosa bisognerebbe fare se Omicron continuasse a comportarsi come in Sudafrica? Molto semplice: continuare a vaccinare a tutta forza con i vaccini attualmente disponibili. Delta è letale e continua a circolare. Tre dosi dei vaccini correnti proteggono bene contro Delta e potrebbero anche attenuare gli effetti di Omicron. Per le stesse motivazioni, bisognerebbe fare sforzi molto più intensi per distribuire i vaccini attuali ai paesi che finora non li hanno avuti a disposizione.
Invece, non sarebbe necessario preoccuparsi di sviluppare un vaccino specifico per Omicron. Non avrebbe senso nemmeno continuare ad adottare restrizioni speciali nei confronti di paesi che hanno una grande diffusione di Omicron.
In conclusione, nell’attesa di dati più robusti, un atteggiamento prudente come quello dell’Italia appare ancora la strategia migliore. Tuttavia, il nuovo anno potrebbe regalarci la bella sorpresa che non tutte le varianti vengono per nuocere.
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