L'ora della resilienza

Mi pare che ormai anche i muri abbiano capito che i problemi non sono finiti, con buona pace di tutti i negazionismi e delle molte sottovalutazioni dei mesi passati. Il costante aumento dei nuovi casi giornalieri, dei nuovi focolai e la riapertura dei reparti COVID di molti ospedali sono sicuramente fonte di grande apprensione e stanno spingendo le autorità locali e nazionali a ristabilire provvedimenti restrittivi, che durante l’estate sembravano diventati inutili. Però, a differenza del precedente post, non scrivo per suscitare ulteriore inquietudine, quanto piuttosto per sottolineare alcuni elementi incoraggianti.
Il primo deriva dalla comparazione della curva epidemica italiana con quella dei principali paesi europei. 


La nostra epidemia è peggiorata e continua a peggiorare ad un ritmo molto contenuto, rispetto a quanto si sta vedendo in Francia, Spagna e Regno Unito. Il numero assoluto di casi sta aumentando con lo stesso ritmo della Germania, che continua ad apparire come un modello virtuoso di gestione della situazione. Possiamo discutere quanto vogliamo su chi abbia i meriti maggiori, ma di sicuro questo risultato rappresenta un fantastico successo dell’Italia, che ci è valso molti complimenti da parte della comunità internazionale. Se non abbiamo ridotto a zero i problemi, di sicuro abbiamo dato dimostrazione di saper imparare dai nostri errori, nell’adattarci ad una situazione indiscutibilmente difficile. Non saprei dirlo meglio del nostro Presidente della Repubblica: l’Italia ha dimostrato di essere più seria di altri paesi. 

Il secondo dato incoraggiante è la riduzione della letalità della patologia. Nella giornata di ieri ci sono stati 2843 nuovi casi e 27 morti. Il 12 marzo, a fronte di 2651 nuovi casi avevamo avuto 189 morti. Il 24 aprile ancora peggio: 3021 nuovi casi, 420 morti. Diversi elementi contribuiscono a questa differenza. Innanzitutto l’età mediana dei contagiati, che è stata molto bassa durante l’estate ed è ancora relativamente bassa, ma purtroppo sta risalendo rapidamente con il passaggio del virus dai più giovani ai ‘diversamente giovani’ all’interno delle famiglie. In secondo luogo la quantità di test effettuati: 119.000 nella giornata di ieri, a fronte dei 13.000 del 12 marzo e dei 60.000 del 24 aprile. Al di là dei numeri assoluti, bisogna anche considerare che inizialmente i test venivano effettuati inseguendo i sintomatici e i loro contatti, mentre attualmente una percentuale molto elevata viene effettuata per screening, identificando molti più portatori asintomatici e inconsapevoli. L’utilizzo massiccio dei test rapidi per l’identificazione degli antigeni virali potrebbe migliorare ancora la situazione, anche se la loro sensibilità rimane inferiore alla tradizionale ricerca dell’RNA virale con metodica PCR real-time.  Un ulteriore incremento della capacità di testing (associato a un aumento della tollerabilità dei test) potrebbe arrivare dai risultati di recenti studi, che hanno dimostrato che la saliva può essere usata con ottimi risultati, al posto del fastidioso prelievo naso-faringeo. Infine, l’implementazione dell’uso delle mascherine, del distanziamento, delle norme igieniche e delle strategie per il trattamento dell’aria nei luoghi chiusi ha verosimilmente ridotto la carica virale iniziale nei soggetti infettati, con un effetto benefico sia sul numero dei casi che sulla loro gravità. Abbiamo probabilmente ancora un margine di miglioramento, perché la nostra curva di mortalità è ancora un po' superiore a quella dei tedeschi. Però nel complesso è innegabile che abbiamo ottenuto un buon risultato.
Il terzo elemento che induce a ben sperare è la velocità con cui si sta muovendo la ricerca sulle terapie e sul vaccino. 
I trial clinici finora condotti hanno già permesso di accertare la parziale utilità di un nuovo farmaco (il remdesivir) e a consolidare l’utilità di un farmaco già esistente e utilizzato (il desametasone). Quest’ultimo è utile nei soggetti con patologia grave ma è dannoso (e quindi controindicato) in quelli con patologia iniziale o lieve. Anche l’eparina a basso peso molecolare (già ampiamente utilizzata nei reparti ospedalieri) è quasi sicuramente utile, non solo per i suoi effetti anticoagulanti, ma probabilmente anche grazie ad altri meccanismi che proteggono i vasi polmonari. 
E’ altrettanto importante che si sia accertata l’inutilità di trattamenti che avevano suscitato grandi entusiasmi, tra cui spiccano i casi molto dibattuti dell’idrossiclorochina e del plasma iperimmune. 
In compenso, c’è una grande attesa per conoscere i risultati dei trial effettuati con cocktail di anticorpi monoclonali, capaci di bloccare l’entrata del virus nelle cellule. Il prodotto in fase più avanzata è quello della Regeneron, i cui risultati sembrano finora molto promettenti, tanto da giustificare il trattamento di Donald Trump con la dose massima sperimentata. E’ facile immaginare che i dati della fase tre verranno rilasciati tra poco tempo. Se saranno conformi alle attese, questo farmaco potrebbe essere il ‘game changer’ che tutti aspettano per evitare l’aggravamento dei pazienti sintomatici.
L’altro ‘game changer’ sarebbe ovviamente il vaccino. Anche su questo versante siamo vicini a conoscere i primi dati di fase III, in particolare per quello sviluppato dall’Università di Oxford in collaborazione con AstraZeneca. L’EMA (l’agenzia europea preposta all’approvazione dei farmaci) ha istruito una procedura d'urgenza per la valutazione della sicurezza e dell’efficacia di questo vaccino, basata sull'analisi dei dati già esistenti e di quelli che progressivamente arriveranno dai trial in corso.
Se i risultati di anticorpi e vaccino non deluderanno le aspettative, entro un paio di mesi non saremo fuori dal tunnel, ma riusciremo a vedere sicuramente un bel po' di luce.
In tutte le battaglie esiste un’ora di enorme inquietudine, in cui la situazione potrebbe rapidamente volgere verso la disfatta e il più cupo sconforto, o verso una prospettiva di imminente vittoria. E’ in questo momento che il coraggio e la determinazione giocano il loro ruolo più grande: il momento in cui bisogna stringere i denti e non mollare!
Abbiamo fatto grandi sacrifici, che ci hanno portato a ottimi risultati. Anche se a breve arrivassero i rinforzi, sarà importante riceverli con una situazione epidemica poco compromessa. Anticorpi e vaccini saranno forniti in quantità limitate. Per usare bene i primi (che saranno piuttosto costosi), non dovremo avere molti casi sintomatici da trattare. I secondi ci permetteranno di vaccinare subito le categorie più a rischio, ma se avessimo una forte diffusione del virus non riusciremmo ad averne ragione in tempi brevi. 
Quello che abbiamo fatto finora funziona: vale la pena continuare a farlo con la massima determinazione. Continuiamo a usare le mascherine, in tutte le situazioni di rischio. Anche all’aperto, e anche se non ce lo impone nessuno, quando siamo vicini ad altre persone. Arieggiamo costantemente i locali. Cerchiamo di evitare le situazioni rischiose, anche se non ce la facciamo più con questa sospensione delle nostre abitudini pre-pandemia. In particolare sarebbero da evitare tavolate e festini troppo affollati; locali molto frequentati e tutte le situazioni che vedono molte persone chiuse in un locale in mancanza di garanzie su un buon ricambio d'aria; gli assembramenti davanti alle scuole, specie se accompagnati da abbondanti chiacchiere senza mascherina o con mascherina portata approssimativamente (purtroppo ne ho visto diversi esempi...); gli sport di contatto, e il tifo assembrato agli stessi. Esistono buoni motivi per correre dei rischi per tenere aperte le scuole. I motivi per incrementare il rischio con troppi altri ritorni ad una situazione di semi-normalità mi sembrano molto meno difendibili.
In tempi non sospetti avevo espresso la convinzione che l’Italia sarebbe uscita più forte da questo disastro. Ne sono tuttora convinto, non soltanto sulla base di un irrazionale ottimismo, ma proprio in virtù di tutto ciò che ho scritto in questo post. Non escludo neanche che il ritrovato senso di comunità, che questo periodo ci ha imposto, possa essere un buon inizio per affrontare molti dei problemi strutturali che affliggono la nostra società e la nostra economia.

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